I modelli educativi per essere genitori efficaci

“Genitori efficaci” di T. Gordon

Efficace: Di persona che riesce a ottenere gli effetti che desidera, cioè acquisire delle modalità relazionali che permettono di garantire la crescita dell’autonomia, dell’autodeterminazione ed attivazione delle risorse che ogni figlio possiede.

I genitori, come noto, sono abituati a pensare in termini di perdita o vincita (vince il genitore) ed una più indulgente (vince il figlio); quello che manca in entrambi è la condivisione emotiva Secondo l’autore l’assumere un modello autoritario, soprattutto nel momento dell’emancipazione, come quello adolescenziale, potrebbe sortire atteggiamenti d’insubordinazione e ribellione o promuovere un comportamento sottomesso, timoroso e nervoso che tenderà a ridurre le competenze sociali del futuro adulto. Una modalità permissiva che porta sistematicamente il genitore a cedere alla pressione del figlio, invece, condurrà il ragazzo fondamentalmente all’egoismo e all’egocentrismo, ritardando notevolmente il suo processo di crescita e d’assunzione di responsabilità. Entrambe questi modi, seppur di segno opposto, sono dunque diseducativi poiché, invece che rafforzare la capacità di autorealizzazione e responsabilizzazione proprie d’ogni individuo, pongono il ragazzo in una posizione inferiore rispetto, la quale il genitore può esercitare un assoluto potere di controllo, giudizio e determinazione. I figli devono essere adeguatamente responsabilizzati.  I figli hanno il diritto di essere accettati per quello che loro sono. Accettare la differenza è la forma più grande d’amore

Quali variabili intervengono nello stile educativo?

Il livello di Controllo: le richieste che i genitori fanno ai figli per integrarli nella famiglia e nella società, sollecitando comportamenti maturi, esercitando controllo e supervisione;
Il livello di Supporto: le azioni che favoriscono l’individualità, l’autoregolazione e l’affermazione di sé attraverso espressioni di sostegno e calore (vicinanza affettiva) e disponibilità a soddisfare bisogni e richieste del figlio.

Ogni bambino è in grado di reagire allo stile educativo ricevuto, ai fattori sociali, economici ed ambientali in modo molto diverso proprio perché è diverso il suo temperamento di base.

Le regole sono fondamentali 

L’autorità protegge i bambini. Disporre di un sistema di regole coerenti a cui fare riferimento, è fondamentale, guida e sostiene.  Il criterio di giustizia, si fa strada via via che il bambino cresce, prende sempre piu’ campo e si rafforza.

Se da un lato con la crescita il bambino comprende l’importanza delle regole, dall’altro aumenta la necessità di metterle in discussione per sperimentare il proprio bisogno di indipendenza.  Questo è quello che avviene durante l’adolescenza. 

Lo stile educativo che si basa solo sul rispetto delle regole è quello Autoritario. E’ il metodo che prevede rigore, forza e disciplina e lascia poco spazio al dialogo ed al confronto.

Per contrastarlo, è nato come movimento opposto, il metodo che ha come base l’Iperprotezionismo.  Di solito, viene attuato  in quelle situazioni i cui genitori sono cresciuti con il metodo autoritario. I genitori cedono alle continue richieste del figlio per timore di essere rifiutati ed non accettati.

Come destreggiarsi in tutto questo? I figli cercano autonomia oppure desiderano essere protetti?

Il terzo metodo detto misto è il risultato della combinazione dei due precedenti.

Ma cosa avviene durante l’adolescenza? Parlare di adolescenza equivale a parlare di emancipazione dalla propria famiglia. L’adolescente compie dei tentativi, grazie anche al gruppo dei pari, per distanziarsi dalla cultura familiare. Avvengono una serie di tempeste emotive, che il ragazzo deve affrontare, per differenziarsi dal genitore trovando fuori altre sicurezze. Il conflitto che si crea è quello del bisogno del cambiamento, quindi la tensione verso la crescita e la sofferenza per dover abbandonare le sicurezze avute fino a questo momento. Inoltre, in questa fase, il corpo dell’adolescente parla, urla la sua trasformazione fisica e psichica. È proprio in questa fase, che l’adolescente, ad esempio, può adottare atteggiamenti oppositivi, di ribellione nel tentativo di individuarsi e differenziarsi. Il primo compito del genitore, in questo momento potrebbe essere proprio di ascoltare quello che il corpo del figlio, trasformandosi, sta comunicando. Il genitore, per contro, non comprende non solo gli atteggiamenti ma anche le scelte che il ragazzo compie perché sono totalmente opposte a quelle che lui farebbe. La fatica del genitore è proprio quella di capire queste opposizioni cercando di influenzarle il meno possibile, ma mantenendo comunque il ruolo di adulto.  Stare vicino al figlio a distanza. Anche l’adulto mette in questa fase la sua vita in discussione e il genitore deve trovare un nuovo equilibrio e fare i conti con la sindrome del nido vuoto. Il presupposto per l’instaurarsi di un rapporto genitori/figlio positivo dovrebbe essere a favore di un contatto e di un legame di amore, di “ interesse, rispondenza, grado d’attaccamento emotivo chiaramente e precisamente delimitato” Un clima di comprensione, rispetto, accettazione che consenta al figlio di potersi fidare e identificare nell’altro.

E’ importante anche per il genitore rimanere autentico e non temere di mostrare i suoi sentimenti e le proprie emozioni. È il nostro esempio la migliore lezione che possiamo impartire a nostro figlio. Accettiamoli per quello che sono, senza giudizio, rispettando i loro tempi e le loro risorse. Questa accettazione può essere esternata con il linguaggio verbale, con i gesti, con l’ascolto, attivo e passivo. L’ascolto attivo è quello che attiviamo ascoltando realmente il racconto di nostro figlio, incoraggiandolo con domande ed utilizzando segnali per esortarlo a parlare

L’ascolto passivo invece è una condizione nella quale ci si astiene dal parlare, non senza comunicare all’altro il piacere di ascoltare quanto egli sta dicendo: lo si può fare con un sorriso, con uno sguardo, ecc. Gordon, consiglia di evitare le ‘Dodici risposte tipiche’: dare ordini, minacciare, fare prediche, consigliare, insegnare, giudicare, elogiare, ridicolizzare, interpretare, rassicurare, inquisire, minimizzare. Questi messaggi comunicano che il figlio non è importante, così come i suoi sentimenti. Quando si è tentati di rispondere utilizzando una ‘risposta tipica’, Gordon suggerisce di mettersi nei panni dell’altro chiedendosi: come mi sentirei se volessi esprimere un’idea, un’emozione, un sentimento e l’altro mi rispondesse con un ordine, una minaccia, una predica, un consiglio ecc.?

Un piccolo contributo di riflessione per aiutare noi genitori a scoprire i nostri errori e conoscere le possibili alternative, attraverso l’ascolto, la collaborazione e la gestione dei conflitti.

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