“Mio Assoluto Amore” Gabriel Tallent  

C’erano una volta: un padre, una casa, una figlia e un bosco … pochi,  essenziali elementi che immediatamente introducono il lettore  nell’aspetto più morboso che possa esserci, nel rapporto  tra un genitore e una figlia. Il libro, infatti, narra e descrive   il  legame esistente tra i due,  che si manifesta come un’adorazione ossessiva che la figlia si trova suo malgrado,  costretta a ricambiare;  un rapporto dipendente, malato, consumato e consumante.  

Siamo di fronte ad una  famiglia che perde il suo equilibrio (forse) a causa  dalla sparizione  della madre , evento appositamente nebuloso che non viene chiarito fino alla fine.  L’unico amore assoluto  per il padre, alcolista e disagiato, rimane cosi,  la figlia che cresce con ossessione al riparo da ogni tipo di contatto sociale  e di relazione.

 Turtle (14 anni, uova crude a colazione, conigli scuoiati per cena, una passione per le pistole) e il suo  papà Martin (guerriero   carismatico e  spaventoso,   armato, alcolista e  misogino).

Una figlia, quattordicenne, a cui viene negato tutto:  il contatto con l’altro, la passione adolescenziale, l’amore, i rapporti di amicizia, la cultura e  l’istruzione. Una figlia che non riesce a differenziarsi ed a svincolarsi in modo consono e maturo . 

Trovare la forza di accettare che un figlio voli da solo fa parte del processo di crescita di ogni genitore e  non riuscire in questa impresa distrugge Martin,  confinandolo in una realtà illusoria e falsa che lo condannerà  fino alla  morte . Quando una famiglia inizia ad affrontare la fase adolescenziale del proprio figlio, si trova a vivere  delle criticità che le impongono una nuova  ristrutturazione, una ricerca di un nuovo equilibrio, per favorire velocemente  il cambiamento . L’adolescenza, comporta  altresì, un progressivo cambiamento fisico e psichico, una graduale percezione della realtà, una incessante sete di autonomia ed una continua ricerca di un’identità: un grosso carico che, inevitabilmente, ricade sulla famiglia.

Essa deve assumersi, in modo quasi esclusivo, il peso emotivo e relazionale che diventa sempre più oneroso.  Questo è quello che dovrebbe avvenire, in un ciclo vitale familiare maturo e funzionale. Qua, il padre non non solo non ne è capace, ma tenta di ostacolare, fino alla morte, ogni tentativo di differenziazione psichica  e fisica che la figlia prova a fare. 

Piu’ i membri sono indifferenziati tanto più sono dipendenti gli uni dagli altri. Ed è proprio  questo il  caso; il libro   tratta  di un rapporto di dipendenza affettiva .

Ogni tentativo di emancipazione della figlia mette in crisi il padre e fa esplodere con rabbia la sua gelosia. Lei scappa, ci prova,  vaga nei boschi, cerca la solitudine e la pace dopo la tempesta. 

Nel suo vagare Turtle, conosce due ragazzi della sua età che sono diametralmente opposti. In particolare, si sente affine a Jacob. Assapora, se pur per poco, quello che potrebbe esserci fuori, se riuscisse a fuggire da casa. Ma non  riesce, non subito. 

Talent,  narra la violenza, perpretata, agita e subita.  Una violenza che non basta a se stessa ma che ha bisogno di colludere con l’amore (malato ) e ne fa da  portavoce. La massima espressione del dolore si raggiunge quando l’autore introduce  un tema terribile per natura e definizione, l’incesto.  All’inizio,  lo descrive  in un modo cosi naturale che per il lettore diventa quasi difficile credere che cio’ sta leggendo riguardi lo scambio sessuale tra un padre e la propria figlia.  Ho trovato molta difficoltà nel leggere quelle pagine, tanto da rileggerle molte volte perché non riuscivo a pensare  che ci fosse qualcosa di innaturale   in quelle righe, fino a che non mi sono scontrata con una  realtà dura  e inimmaginabile.

L’intento di Tallent, secondo me,  è quello di creare una coppia simbiotica, unita da amore e disperazione che insieme lotta contro tutto e tutti, contro il mondo fuori che è cattivo e dal quale si deve difendere , immergendosi in un universo  irreale costituto da solitudine, birra, e armi.

Una realtà dove la “coppia” viene difesa in tutti i modi anche a costo  di uccidere  con il dolore, il proprio padre, nonno di Turtle, che nella sua incoscienza forse capisce quello che sta accadendo alla nipote, ma purtroppo muore prima di poter tentare di mettere fine allo scempio o forse muore perché non ne è capace, cosi come non lo è mai stato. 

L’amore di Martin per la figlia  è un sentimento malato che si esprime nella forma piu’ morbosa che possa esserci, ma  è un sentimento vero, reale , autentico che racchiude in sé aspettative e timori, come gli amori veri , sognati . Un romanzo che ti porta anche dalla parte del carnefice .  Ti chiedi, mentre leggi,  quali siano le radici di tanto male, dove nasca questo bisogno . Non trovi risposte esaustive nel romanzo.  L’autore,   volutamente,  non fornisce  molte informazioni sul passato dell’uomo,  si riesce a dedurre che Martin è  cresciuto da solo con il padre alcolista,  mentre la madre è  morta precocemente, e  la moglie sembra che  se ne sia andata volutamente. Un doppio abbandono, se pur diverso, da parte del sesso femminile che comporta la nascita di un  odio verso le donne che riesce a trasmettere anche  alla figlia. Turtle, odia le donne  come il padre ed invece di  considerarle alleate, le insulta, le allontana. Ha paura di volere bene, ma è solo una bambina. 

È doloroso leggere le emozioni di Turtle, consapevole quanto basta per capire l’orrore nel quale è costretta a vivere e  desiderosa di spezzare le catene che la tengono avvinta ma allo stesso tempo legata al padre, al punto da desiderarlo. Lo odia, ma lo ama, lo detesta ma lo ammira tanto da considerarlo “Una mente meravigliosa” 

E’  nei capitoli finali,  quando Turtle si trova a vivere insieme al suo amico / infatuazione Jacob su una minuscola isola a causa di una marea che li ha travolti, ferendoli e mettendo a rischio seriamente le loro vite, che emerge la  forza e la  personalità della ragazza.  Si leggono pagine e pagine sul suo modo  vero e profondo di essere che ne fanno il punto di forza del libro e che danno speranza. Speranza di trovare dentro di sé il coraggio e la determinazione per uscire da quelle  situazioni che ti devastano e ti imprigionano;  sapere nonostante tutto  di possedere un’energia vitale  che ti permette di lottare per vivere. 

Se dovessi analizzare i personaggi li considererei, tutti, volutamente  poco definiti e forse  vittime di loro stessi e della loro condizione. Non c’è né una  sola  vittima e né  un solo carnefice. 

E’ un libro che suscita tante emozioni, cosi forte ed intense che quasi fatichi a lasciarlo andare. Emozioni contraddittorie, miste, vere. Attrazione e repulsione, amore e odio, rabbia e paura ma anche sollievo per fortuna.  Un libro che ti rapisce in ogni momento, in ogni pagina, anche nella descrizione dei personaggi; pieno di suspance e colpi di scena, sopratutto quando meno te lo aspetti. 

Ho scelto questo libro perché entrando in una piccola libreria di quartiere, il commesso mi ha chiesto che genere cercassi.  Di solito scelgo da sola, in base a cio’ che il libro mi evoca. Questa volta è stato diverso, sono rimasta affascinata dal suo racconto, dalle sue parole e dalle emozioni che mi ha trasmesso.

Tornerò per ringraziarlo e per prenderne un altro. 

Barbara Calcinai