I FIGLI E L’ORDINE DI GENITURA

Il suo bambino non era ancora nato e lei già ci parlava. Si accarezzava la pancia che cresceva rigogliosa giorno dopo giorno; ne percepiva la pelle liscia, calda e tesa sotto il suo palmo e sorrideva annuendo con la testa. Era in quei momenti che ci parlava, con suo figlio non ancora nato. Gli sussurrava storie di cavalieri e principesse, leggende remote o anche piccoli aneddoti quotidiani che l’avevano colpita durante il giorno. Ci parlava di sera, quando si preparava per andare a letto, nell’abbraccio della camera matrimoniale, così accogliente e calda. Era un dialogo in realtà, perché lei percepiva le risposte del bambino, sapeva che gli piacevano le storie che gli raccontava. Ogni tanto gli sussurrava anche frasi di incoraggiamento, giusto per fargli sentire che gli era vicino lungo il suo “grande viaggio” verso la luce, verso la vita. Poi arrivava il suo compagno, che si accoccolava accanto a lei e l’abbracciava da dietro stringendola a sé. Quello era il momento della musica, che suggellava attimi magici e irripetibili di loro due in attesa del loro primo figlio. Sceglievano con cura una canzone e dicevano al figlio non ancora nato: “ascolta, piccolo, questa è la prima colonna sonora della tua vita”. Ne avrebbe avute molte altre in futuro, certo, se le sarebbe costruite da soli, ma quella sarebbe rimasta la prima. Un atto d’amore dei suoi genitori.

Le relazioni familiari sono fondamentali per il benessere dell’individuo e incidono profondamente su quello che sarà il suo futuro, ma, se ci riflettiamo, esse iniziano a instaurarsi molto prima della venuta al mondo di un bambino. Prima della sua nascita, infatti, esiste già la famiglia che lo accoglierà e che, durante il periodo della gestazione, intreccerà con lui o con lei una prima relazione intessuta di sogni, aspettative e speranze. Il nuovo nato entrerà, dunque, a far parte di un sistema familiare complesso e variegato che, oltre ai due genitori, conta molte altre figure che ne influenzeranno l’esistenza: nonni, zii, fratelli e sorelle, cugini e cugine ecc., una vera e propria giostra relazionale che trasmetterà al bambino non soltanto una parte del proprio bagaglio genetico, ma anche valori, credenze, atteggiamenti, modi di dire, punti di vista ecc. Gli esseri umani godono di una lunga infanzia a causa dell’incompletezza e delle fragilità dell’uomo alla nascita: il neonato umano, infatti, a differenza di quelli di altre specie animali, è totalmente incapace di prendersi cura di sé e dipende dalla madre e da tutte quelle figure di accudimento che lo circondano; questo è proprio ciò che rende così importanti le prime esperienze relazionali del piccolo. Per anni il bambino verrà accudito ed educato da varie figure che lo “modelleranno” almeno parzialmente, ma, come abbiamo visto, il rapporto della coppia con il proprio figlio si instaura ancora prima e cresce e si sviluppa durante i nove mesi della gravidanza.

Molte coppie hanno più di un figlio e ci si può chiedere se il rapporto dei genitori rimanga sempre lo stesso. In realtà, ogni bambino, benché nato nella medesima famiglia e quindi soggetto alla stessa educazione e alle stesse influenze sociali, è diverso dall’altro, sia per patrimonio genetico, sia per predisposizione, che per ordine di genitura. Seguendo Adler (1975) l’ordine di genitura influenza significativamente lo sviluppo della personalità del bambino. Secondo la sua teoria, il primogenito di una coppia sviluppa spesso le caratteristiche di un bambino adultizzato: si mostra, infatti, serio e responsabile già da piccolo, disciplinato e ordinato. Solitamente è il figlio su cui i genitori investono le più intense aspettatevi; essendo alla loro prima esperienza come genitori, gli dedicano un’attenzione totale e indiscussa. Le elevate aspettative dei genitori possono, tuttavia, indurre un senso di ansia nel bambino oppure un comportamento estremamente competitivo, nell’intento di rispondere a tali aspettative. Può anche mostrarsi geloso del fratello o della sorella minore, oppure atteggiarsi a “piccolo babbo” o “piccola mamma” nei confronti del fratellino/sorellina, sempre nell’intento di rispondere in maniera adeguata alle aspettative dei genitori che lo considerano “grande”. La posizione del secondo figlio, soprattutto se ce n’è un altro ancora più piccolo, è complessa: rivaleggia con il primogenito per ritagliarsi uno spazio tutto suo, caratteristiche distintive solo sue, quindi mostrando una notevole intraprendenza e autonomia, ma anche una maggior aggressività. Inoltre, risulta il figlio sul quale i genitori investono minori risorse attentive, presi come sono dall’ultimo nato. Venendo all’ultimogenito, esso può mostrarsi competitivo, nella speranza di superare i fratelli/sorelle più grandi, oppure abulico, se i fratelli/sorelle maggiori sono percepiti come impossibili da raggiungere o anche soltanto da eguagliare. È spesso il figlio più “coccolato” dai genitori, soprattutto se nato ad alcuni anni di distanza dagli altri. E il figlio unico? La coppia genitoriale può mostrare nei confronti dell’unico figlio generato un comportamento iperprotettivo e carico di aspettative elevate o irrealistiche che possono generare nel bambino un senso di inferiorità o di ansia che lo ostacolano nello sviluppo della propria autonomia e della propria autorealizzazione.

Tutto questo accade sempre in ogni famiglia? Naturalmente no, si tratta di un modello, di una teoria: ogni famiglia è diversa per caratteristiche e storia pregressa, così come lo sono gli individui che la compongono, tuttavia, in linea generale e senza cadere in sterili semplificazioni, è un modello esplicativo efficace.

Riferimento bibliografico:

Adler, A. (1975). Psicologia dell’educazione. Roma: Newton & Compton.

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