LA DIFFICOLTA’ DI ESSERE MADRE

… Appena aveva scoperto di essere rimasta incinta, aveva esultato! Era un sogno che si avverava dopo lunghi mesi di tentativi infruttuosi che avevano finito per demoralizzarli un po’ entrambi. Poi c’era stato il periodo della gravidanza, che per lei, per fortuna, era stato bellissimo: 9 mesi di attesa del nascituro, di pensieri e immagini di come sarebbe stato, di acquisto di completini, di mobili della cameretta nuova, di giocattoli, di piccoli oggetti graziosi che avrebbero fatto compagnia al suo bambino. E il bambino era nato, finalmente! Bello e sano, vispo e roseo! Era stata gioia pura accoglierlo tra le proprie braccia! Soltanto più tardi erano subentrate le difficoltà: come riuscire a far tutto? Come riuscire ad occuparsi del bambino, della casa, del lavoro e di tutto il resto? Le sembrava di non far altro che correre da una parte all’altra, sempre con l’ansia di non essere all’altezza, di non essere adeguata, di fare tardi, di non essere in tempo… 

… Se per avere un figlio c’era bisogno di rinunciare a tutto il divertimento, allora no, grazie, lei di figli non ne voleva proprio. Non era pronta, e forse non lo sarebbe stata mai, a rinunciare alla sua vita per un bambino da crescere….

L’importanza della maternità, intesa come funzione e non come incarnazione di un ruolo da parte della donna, non viene mai messa in discussione, poiché si tratta di una funzione di contenimento delle fragilità, di accudimento e risposta ai bisogni primari del neonato che non avrebbe la possibilità di sopravvivere se un altro essere umano non si occupasse di lui e delle sue necessità fisiologiche e psichiche lungo un protratto periodo di tempo. Essere “madre”, dunque, significa proteggere la vita e facilitare la sua evoluzione lungo tutto l’arco dello sviluppo, con sollecitudine e premura. Le difficoltà nascono dal fatto che una madre è in primis una persona con i suoi bisogni, i suoi desideri, le sue necessità e una vita, spesso molto ricca e complessa, da portare avanti. Come riuscire a coniugare tutto in maniera soddisfacente per il bambino ma anche per se stesse? Questa domanda, che spesso le future madri si pongono già durante il periodo della gestazione, diventa assillante e fonte di disagio psicologico e ansia se la persona non riesce a trovare una “risposta” congeniale alle proprie esigenze e ai propri ritmi di vita. La nostra, infatti, è una società che premia chi è velocissimo nelle “risposte” (anche a scapito di precisione e competenza) e, soprattutto, multitasking: più cose insieme si fanno, più si è percepiti come efficienti e capaci. Queste “richieste” costanti da parte dell’ambiente possono portare la neomamma a sentirsi incapace di fronteggiare tutto nel migliore dei modi; quindi, a sperimentare ansia e sensazione di non essere in controllo della propria vita, oppure possono spingerla al sacrificio dei propri bisogni e desideri. Non è raro assistere a conversazioni in cui la donna che è madre confessa di aver rinunciato a tutti i propri hobbies e a tutti i propri interessi pur di far “quadrare tutto”: figli, marito/compagni, lavoro, casa ecc., credendo fermamente che questa sia l’unica strada per essere una “brava madre” (ma anche moglie/compagna, lavoratrice ecc…). Molte madri inorridiscono se gli viene proposto di ritagliarsi del tempo e uno spazio da dedicare soltanto a sé. La risposta, in questi casi, è quasi sempre: “mi sentirei in colpa”.

Rinunciare a tutti i propri interesse e a tutto il proprio tempo libero in funzione dei figli (o di altro), alla lunga non è mai una scelta “felice”. Stress, stanchezza, insoddisfazione e frustrazioni non espresse non possono poi che esplodere e rovesciarsi anche sui figli (“ho fatto tutto per te e questo è il modo in cui mi ringrazi?”; “ho sacrificato tutto quello che mi piaceva per crescerti come si deve, ora che anche tu sei madre dovresti fare la stessa cosa per tuo figlio!”); inoltre, siamo davvero sicuri che trascurando noi stessi e i nostri bisogni riusciamo realmente a soddisfare adeguatamente quelli degli altri? È vero che i bambini, soprattutto quando sono molto piccoli, hanno bisogno di tanto tempo e attenzioni, ma hanno anche bisogno di genitori sereni e in grado di essere un esempio di vita, il primo modello da seguire, quindi è meglio “staccare” ogni tanto, per rigenerarsi e ricaricarsi, piuttosto che arrivare allo sfinimento e non essere, dunque, in grado di rispondere alle necessità del figlio con la nostra abituale serenità. Un’altra cosa da tenere in considerazione è che i figli non ci appartengono, neanche quando sono neonati: sono esseri autonomi con un loro sviluppo e una strada da percorrere che certamente sarà diversa dalla nostra; vivere in funzione di un figlio rischia, perciò, di farci cadere nella depressione nel momento in cui nostro figlio lascerà la casa per costruirsi una propria vita. È importante, dunque, continuare ad aver cura di sé anche dopo la nascita di un figlio e dare una risposta personale alla domanda: “ce la farò?”, coniugando, senza dannosi sensi di colpa, gli aspetti di cura dell’altro e dei propri desideri.

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