Telemaco e il ritorno del padre

… Telemaco era figlio di Ulisse e di Penelope, nato quando il padre era già partito per la guerra di Troia al seguito di Agamennone e Menelao. Mentre la fedele Penelope attendeva pazientemente, ma assediata dai Proci che le facevano pressioni affinché si risposasse, il ritorno del marito quando tutti gli altri eroi erano già tornati dalla guerra, Telemaco cresceva all’ombra della figura di un padre che non aveva mai conosciuto e si nascondeva dalle insidie dei Proci. A vent’anni, decise di partire per mare e andare a visitare Nestore e Menelao, che avevano combattuto con suo padre ed erano finalmente rientrati in patria, ma ahimè, nessuno dei due seppe dirgli nulla riguardo a Ulisse. Sconsolato, il giovane Telemaco fece ritorno a Itaca e qui, con sua grande sorpresa, trovò il padre, camuffato per non farsi riconoscere dai nemici. Insieme, Ulisse e Telemaco, studiarono un’astuzia per sconfiggere i Proci e riprendersi Itaca.

Il mito di Telemaco è un mito positivo. A differenza di molti altri miti che affrontano in maniera prototipica e cruenta i conflitti familiari, questo mito mette in luce una famiglia che non si sfalda nemmeno durante i lunghi anni di attesa di Ulisse (Penelope tesse e disfa incessantemente una tela nell’intento di rimandare il più a lungo possibile il momento in cui dovrà risposarsi; Telemaco non cerca di soppiantare il padre sul trono di Itaca, ma, nonostante non lo abbia mai conosciuto, resta in attesa del suo ritorno).

Seguendo Recalcati (20113), Telemaco è l’erede che attende il ritorno del padre e con lui, il ristabilirsi della legge infranta, dell’equilibrio perturbato dall’assenza. Il complesso di Telemaco, dunque, come esatto contrario del complesso di Edipo. Telemaco non è un rivale del padre sconosciuto, ma incarna il legittimo erede che ne diventerà l’alleato al suo ritorno. Sempre seguendo Recalcati, il rischio è che Telemaco, il figlio, passi tutta la vita ad attendere qualcosa che non arriverà mai: il padre-eroe, invincibile e perfetto. Quello che tornerà sarà, invece, un uomo segnato dal tempo e da mille esperienze, fragile, ma per questo tanto più autentico. Tornerà comunque un padre in grado di trasmettere al figlio speranza per il futuro e senso della responsabilità per le proprie scelte. “… Siamo […] nell’epoca di Telemaco; le nuove generazioni guardano il mare aspettando che qualcosa del padre ritorni.” (Recalcati, 2013 p. 4). Se il rischio è quello di paralizzarsi nell’attesa di un padre semi divino, del pater familias di un tempo, che tutto poteva e decideva, ruolo oggi fortunatamente non più interpretabile, la speranza è che ritorni qualcosa del padre, capace di “testimoniare” con le sue esperienze, con i suoi atti “come si possa stare in questo mondo con desiderio e, al tempo stesso, con responsabilità” (Recalcati, 2013, p. 5). Nessuno ha più bisogno di una figura paterna che indichi il significato ultimo dell’esistenza, ma qualcuno che porti testimonianza del fatto che alla vita noi possiamo attribuire un senso, questo sì, è e resterà necessario. 

Si possono fare molte riflessioni sul complesso di Telemaco e sull’assenza del padre di cui parla Recalcati nel suo libro. Innanzitutto, si può riflettere sul fatto che la nostra è un’epoca che non riesce a fornire un’educazione flessibile, ma attenta, ai giovanissimi. Un’epoca in cui tutto sembra concesso, un po’ per lassismo, un po’ per stanchezza, un po’ per la straordinaria abbondanza di tutto e il contrario di tutto e, dunque, regole e confini svaniscono, diventano invisibili, valicabili senza rischio. Ma, soprattutto, senza nessuna assunzione di responsabilità. Famiglia e scuola vengono oggi a perdere quel primato della formazione dei giovanissimi che è loro proprio da sempre, a vantaggio di una pseudo educazione virtuale lasciata alla Rete, ai Social Media, alle varie figure carismatiche – ma senza niente da dire – che riempiono gli schermi degli smartphone, dei tablet ecc. 

Telemaco resta in attesa del ritorno del padre: vuole essere erede legittimo, imparare dal padre, assimilare una parte delle sue esperienze. Di cosa hanno bisogno oggi i nostri figli? Possiamo riflettere sul fatto che, se non siamo in grado di trasmettere ideali, entusiasmo, speranza, voglia di plasmare il proprio futuro, difficilmente i giovanissimi sentiranno l’esigenza di assumersi le responsabilità dell’esistenza e di quel processo di trasformazione e desiderio di cambiare il mondo che tutte le generazioni hanno fatto propria.

C’è bisogno di tornare a occuparsi dei giovanissimi e dei loro bisogni, affinché possano diventare un giorno adulti maturi e responsabili, affinché possano trovare un loro equilibrio tra le richieste della società e i desideri personali.

Riferimento bibliografico:

Recalcati, M. (2013), Il complesso di Telemaco. Genitori e figli dopo il tramonto del padre, Milano: Feltrinelli.

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