Quando comprare diventa un impulso irresistibile

… Non ne aveva bisogno di tutti quei vestiti, quelle scarpe, quelle borse, quegli accessori; forse non ne avrebbe mai avuto bisogno. Forse non li avrebbe mai indossati. Forse li avrebbe a malapena guardati, forse se li sarebbe anche dimenticati. Però avrebbe continuato ad acquistarne ancora e ancora, perché ne aveva bisogno, un bisogno quasi fisico. Comprava online e andando in giro per negozi; comprava per ore. Era un impulso fortissimo quello che la spingeva all’acquisto, un impulso al quale non sapeva resistere, che non riusciva a frenare in nessun modo. Non servivano i ragionamenti. Non serviva sapere che non poteva permettersi di spendere tutti quei soldi in oggetti superflui, di cui poteva fare benissimo a meno. Quando sentiva quella spinta a comprare, comprava e basta.

Nella nostra società andare a fare shopping, da soli o in compagnia, è un’attività socialmente accettata e ritenuta “normale”, nonché gratificante e divertente. Viviamo, infatti, in una società consumistica, basata sull’acquisto di beni e servizi di ogni tipologia e sul veloce ricambio di oggetti, che non sono più fatti per durare a lungo, ma, appunto, per essere cambiati spesso (per passare al “modello superiore”, perché è più costoso farli riparare che acquistarli nuovi ecc.) Le mode sorgono e si spengono a impressionante velocità e dettano legge su quanto è un must possedere per apparire aggiornati, raffinati, belli ecc. Molto di ciò che acquistiamo ha un costo contenuto o almeno rateizzabile, affinché anche chi ha minori disponibilità economiche possa contribuire al consumo di merci e servizi; le modalità di pagamento si sono moltiplicate in maniera esponenziale negli ultimi anni, e adesso è possibile acquistare, sia fisicamente nei negozi e negli store, che in Rete, non soltanto in contanti o con bonifico, ma con ogni tipo di carta (bancomat, carta di credito, prepagate, buoni elettronici) e con varie app che rendono sicura la transazione; tutto questo ha comportato un vertiginoso incremento degli acquisti. Perché comprare è diventato “facile” a tutte le età: basta passare la carta su un dispositivo o fare un click su un’icona online e il gioco è fatto. Molto più parsimoniosi apparivano, invece, i consumatori quando per fare un acquisto si doveva poter disporre nell’immediato di sufficiente contante, perché l’utilizzo dei contanti a pianificare gli acquisti. 

Ma se fare shopping è un’attività ampiamente accettata nel mondo in cui viviamo, spesso divertente e soddisfacente, cosa può renderlo non funzionale e, dunque, sintomo di un forte disagio emotivo dell’individuo che si ritrova vittima del proprio impulso all’acquisto scriteriato? La spinta compulsiva e irresistibile, irrazionale, si può dire, all’acquisto (e all’accumulo) di oggetti sembra avere caratteristiche simili ai disturbi di tipo ossessivo-compulsivo o a quelli da dipendenza che non coinvolgono l’utilizzo di sostanze stupefacenti, come per esempio, il gambling, nonostante non rientri ancora, a differenza di quest’ultimo, in nessuna categoria diagnostica del DSM – 5 – TR (APA, il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali nella sua ultima versione (APA, ed. it., 2023). È corretto patologizzare un fenomeno che è così difficilmente individualizzabile in una società che si regge proprio su un costante incremento dei consumi e che immette sul mercato sempre nuove tendenze, nuovi oggetti, nuovi servizi allettanti a cui sembra impossibile rinunciare? In cosa si distingue lo “shopping compulsivo” da quello che si po’ considerare “sano”?

È evidente che la linea di demarcazione è davvero sottile quando siamo tutti bombardati da una pubblicità incessante e persuasiva che ci spinge costantemente a uniformarci il più possibile ai modelli proposti, pena il non risultare abbastanza attraenti, affermati, indipendenti ecc. È anche vero, però, che un disagio emotivo provoca sofferenza, stress e dissonanza in chi lo sta vivendo; pertanto, si può dire che lo shopping diventa qualcosa di disadattivo quando l’individuo che ne è preda lo vive sente di non aver alcun controllo su questo suo comportamento, che percepisce irrazionale e senza senso. Lo shopping incontrollato, poi, proprio perché non pianificato ma agito sull’impulso del momento, può comportare notevoli difficoltà economiche all’individuo, con conseguenti ripercussioni in ambito relazionale e sociale, ma anche lavorativo (McElroy et al., 1994).

Cosa spinge una persona all’acquisto indiscriminato? Seguendo Albertini (2023), i fattori di rischio per questo disturbo possono essere vari, tra cui figurano: depressione, ansia, autostima inadeguata e un basso livello di autoefficacia. Dato l’impianto consumistico della società contemporanea, non ci sembra, però, inutile osservare che una precoce educazione all’acquisto consapevole, al riciclo e al riutilizzo di quanto già si possiede, non possa che incrementare le risorse dell’individuo nella gestione delle sue spese, sviluppando anche creatività e fantasia (trovare un nuovo utilizzo, un nuovo scopo per un vecchio oggetto, anche non più funzionante) e producendo, al contempo, soddisfazione per quanto realizzato e, quindi, contribuendo a innalzare il livello di autoefficacia.

Riferimenti bibliografici:

Albertini, V. (2023). Dal disagio psichico alla salute mentale. Il lavoro relazionale e la promozione del benessere. Roma: Alpes Italia.

McElroy, S., Phillips, K.A. & Keck, E. (1994). Obsessive compulsive spectrum disorder, Journal of Clinical Psychiatry, 55, pp. 33 – 51.

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