LE COPPIE IN SIMBIOSI

Vivere tutto insieme era un’esperienza esaltante, inebriante. Condividere passioni, hobby, interessi e tutte le piccole avventure quotidiane era una sorta di estasi. Non potevano vivere l’uno senza l’altra e viceversa: non riuscivano nemmeno a capire come avevano fatto a sopravvivere prima del fatidico incontro, prima di quel magico momento in cui i loro sguardi si erano incrociati e avevano capito di essere una cosa sola con due cuori che battevano all’unisono. Insieme erano qualcosa di perfetto. Amavano e odiavano le stesse cose… quasi si leggevano nel pensiero! “tu sei me e io sono te”, dicevano i loro sguardi. Erano il Re e la Regina, la coppia che tutti invidiavano e ammiravano. Mai uno screzio. Perfetta sincronia e sintonia. La loro storia d’amore era una favola a lieto fine… E vissero, dunque, felici e contenti?

Nel “Simposio” di Platone, uno dei commensali, Aristofane, racconta un mito suggestivo e ormai celeberrimo sull’amore. All’inizio, secondo questo mito, i sessi erano tre: uomo, donna e ermafrodito, che aveva le caratteristiche degli altri due sessi ma anche due facce, quattro gambe e quattro braccia. Ermafrodito poteva muoversi con facilità in tutte le direzioni, grazie alle sue quattro gambe ed era forte e resistente, ma, purtroppo, anche arrogante e per questo motivo il consesso degli dei decise, infine, di punire la sua hybris tagliandolo a metà, per renderlo più debole e fragile… “Fu così che gli uomini furono divisi in due, ma ecco che ciascuna metà desiderava ricongiungersi all’altra; si abbracciavano, restavano fortemente avvinti e, nel desiderio di ricongiungersi nuovamente, si lasciavano morire di fame e di accidia, non volendo far più nulla, divise com’erano, l’una dall’altra.” (Platone, Simposio, p. 212). Le coppie che vivono una relazione simbiotica si trovano un po’ nella stessa situazione dell’ermafrodito tagliato a metà di Platone. Vivono, infatti, una passione totalizzante di cui forse erano già alla ricerca, desiderando trovare quella “metà” perfetta da “incastrare” su di sé per ottenere il perfetto completamento. All’apparenza, tutto questo sembra idilliaco, sublime. Ma la realtà è ben diversa da ciò che sembra; infatti, dietro alla spasmodica ricerca dell’“anima gemella” speculare al sé, si nascondono fragilità e insicurezze che hanno radici nell’infanzia e che portano i due partner a ricercare nella coppia una fonte di sicurezza e rassicurazione che ricorda molto da vicino il rapporto fusionale del neonato con la figura materna, che offre accudimento, nutrimento e calore. All’interno della coppia simbiotica si crea un legame che finisce per essere di possesso: “tu sei mio/mia e io sono tuo/tua”, in cui entrambi i partner si tolgono a vicenda la libertà di essere ed esprimere realmente se stessi, con i propri valori, le proprie idee, i propri gusti, i propri talenti, le proprie inclinazioni ecc. Di solito in queste coppie i litigi, i conflitti in generale, sono banditi, quasi fossero necessariamente presaghi di rottura e abbandono e non un normale confronto tra persone che, per quanto unite, innamorate e rispettose l’una dell’altra, hanno opinioni e credenze diverse. I due membri della coppia tendono, così, a prendere tutte le decisioni all’unisono, quasi fossero un unico essere pensante; s’innesca, perciò, un meccanismo per cui i due partner si controllano a vicenda, affinché si mantenga lo status quo iniziale. Queste coppie non vanno incontro a nessun tipo di evoluzione, non finché almeno uno dei due membri sente il bisogno di affrancarsi da un legame che si fa sempre più stretto e soffocante perché non lascia spazio all’individualità. Se all’inizio molte storie romantiche vivono una fase di “luna di miele” in cui i due innamorati sembrano avere occhi soltanto l’uno per l’altra e viceversa, la maggior parte delle relazioni si evolve nel tempo, lasciando spazio a una forma d’amore diversa e più matura dell’innamoramento (crush, in inglese, che rende meglio l’idea della “cotta”, del “colpo di fulmine”), in cui la simbiosi recede e torna a farsi largo l’individualità dei due partner che imparano a rispettarsi a vicenda, così come imparano ad apprezzare le proprie differenze e le diverse qualità che possiedono, supportandosi vicendevolmente in maniera più matura e funzionale, entrambi donando e ricevendo qualcosa dall’altro. I membri di una coppia matura non sono spinti dalla necessità di controllarsi a vicenda e quindi di possedersi, così come non sono mossi da una irrefrenabile gelosia per tutte quelle attività quotidiane che non ruotano attorno alla coppia ma soltanto a uno dei due partner. Una coppia che non evolve è come cristallizzata nel tempo, incapace di vera progettualità; quindi, “fissata” in un attimo eternamente presente che non cambia mai. L’equilibrio si spezza nel momento in cui uno dei due partner inizia a sentire il bisogno di tornare “uno”, intero per se stesso, con spazi e tempi che non appartengono alla coppia ma che sono propri e per questo preziosi da salvaguardare.

La terapia sistemico-relazionale di coppia può essere di grande aiuto per aiutare i due partner in difficoltà a ritrovare il giusto equilibro tra gli spazi della coppia e quelli individuali, facilitando la naturale evoluzione del rapporto.

Bibliografia:

Platone, Il convito (in Apologia di Socrate, Critone, Fedone, Il convito, Garzanti, 1981).

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