Essere grati nell’era dell’indifferenza

La bambina ha gli occhi che le brillano di felicità: il giocattolo a lungo desiderato è finalmente nelle sue mani, saltato fuori da quella scatola colorata quasi per magia. Nel suo sguardo, un oceano di gratitudine per chi quel regalo l’ha pensato, acquistato e confezionato proprio per lei. Intuisce che c’è amore e cura dietro quel piccolo pensiero, attenzione verso i suoi desideri, accoglienza e ascolto. C’è un legame empatico tra la bambina e chi le ha donato il giocattolo a lungo sospirato.

Oggigiorno, in un clima economico, politico e sociale sotteso da profonde tensioni, ostilità, incomprensioni e indifferenza, una attenta riflessione su un’emozione positiva come quella della gratitudine è imprescindibile per tornare ad aprirsi all’altro da sé, senza avanzare pretese, ma ponendosi in un atteggiamento di ascolto e accoglienza verso i desideri e i bisogni degli altri.

Cosa significa provare gratitudine, essere riconoscenti verso l’altro, se stessi o la vita in generale per qualcosa che si è ricevuto? L’etimologia del termine è latina, deriva, infatti, da gratia, che ha il significato di ringraziamento e da gratus, che in latino significava gradito, quindi, ben accolto, gradito, appunto. Già da questo sintetico excursus etimologico si evince quanti aspetti s’intrecciano nel termine “gratitudine”: c’è l’aspetto del ringraziare, del riconoscere consapevolmente che siamo stati oggetto di affettuosa attenzione da parte di qualcun altro; c’è un gesto, un’azione eseguita da qualcuno senza pretendere niente in cambio (gratuitamente); c’è, infine, un terzo elemento, un desiderato, qualcosa che è importante o preziosa per il soggetto che la riceve. Esiste o viene a instaurarsi un profondo legame di cura tra colui che offre un dono o un gesto e colui che ne beneficia senza l’obbligo di dover ricambiare, che è anche la base della felicità provata da entrambi nel momento in cui viene offerto altruisticamente il dono. Il legame empatico che si instaura tra chi offre e chi riceve è fondato anche su un’accurata lettura delle intenzioni reciproca: colui che offre sa cosa l’altro desidera, ciò di cui ha bisogno, ne è ben consapevole; allo stesso modo, colui che riceve è consapevole dell’attenzione dell’altro e della gratuità del suo dono o della sua azione. Provare ed esprimere gratitudine, inoltre, secondo diverse ricerche psicologiche (Emmons & Mishra, 2011) influisce sul benessere percepito dell’individuo in maniera positiva: sentirsi riconoscenti e grati permette, infatti, di dare maggior importanza alle buone qualità di cui gli altri sono portatori e alla loro influenza benefica sulla nostra esistenza, riducendo emozioni negative e non costruttive come l’invidia, che ci tengono invece ossessivamente centrati su confronto e competizione. La gratitudine è un’emozione prosociale che facilita l’instaurarsi di nuove relazioni amicali e migliora quelle già esistenti. Chi sperimenta spesso l’emozione della gratitudine è più ottimista di chi la sperimenta raramente, perché focalizza la sua attenzione su ciò che ha e su ciò che ha raggiunto, piuttosto che sugli aspetti negativi della propria esistenza e sulle cose che non sono andate “per il verso giusto”. Da uno studio di Kini et al. (2015) emerge anche che il livello di gratitudine percepito dall’individuo è correlato con un aumento della gratitudine espressa e con una maggior modulazione neurale nella corteccia prefrontale mediale. Quindi ci si può “allenare” alla gratitudine nei confronti degli altri e di stessi anche per aumentare la propria autostima: la consapevolezza di essere oggetto della cura e dell’attenzione degli altri veicolata da un gesto altruistico nei propri confronti ci fa, infatti, sentire degni di quell’azione o di quel dono, aumentando così la nostra autostima. Allo stesso modo, seguendo Emmons e Mishra (2011), chi già possiede una solida autostima è orientato alla gratitudine e ad accettare le azioni altruistiche degli altri nei suoi confronti.

“Allenarsi”, dunque, a dirigere i propri pensieri verso ciò che di positivo e soddisfacente abbiamo ottenuto e stiamo ottenendo, da noi stessi e dagli altri, è anche un modo per sperimentare un maggior senso di auto-efficacia, facendoci concentrare principalmente sui successi che stiamo ottenendo, piuttosto che sui fallimenti in cui siamo incappati.

Seguendo Farneti (2016, p. 81) la gratitudine ha un forte legame con l’aspetto qualitativo della relazione tra i due attori: è la completa gratuità del dono o del gesto “intenzionalmente diretto al benessere dell’altro senza aspettarsi nulla in cambio”, infatti, che accende il senso dell’essere grati e fa accettare il dono con gioia e riconoscenza. La gratitudine si esperisce, quindi, quando non si avvertono in colui che dona o offre secondi fini più o meno celati o la volontà di ottenere qualcosa in ritorno.

Essere grati di ciò che si ha, di ciò che si è costruito o vissuto può essere complesso per chi ha sperimentato importanti fallimenti relazionali o ha subito dolorose perdite, in questi casi, per migliorare la qualità della propria vita è indicato un percorso psicoterapico che sostenga l’individuo nella ristrutturazione della sua narrazione.

Riferimenti bibliografici:

Emmons, R.A. & Mishra, A. (2011). Why Gratitude EnhancesWell-Being: What We Know, What We Need to Know

https://doi.org/10.1093/ACPROF%3AOSO%2F9780195373585.003.0016

Farneti, P. (2016). Gratitudine, Dono, Perdono e Spiritualità – le emozioni positive nella vita individuale e sociale. Milano: Franco Angeli

Kini, P., Wong, J. McInnis, S., Gabana, N. & Brown, J.W. (2015).The effects of gratitude expression on neural activity

https://doi.org/10.1016/j.neuroimage.2015.12.040

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