I figli e le responsabilità genitoriali
Si dice che quello dell’essere genitori è il lavoro più difficile di tutti. Non esistono corsi specifici; non esistono manuali da consultare sempre e validi in ogni occasione; nessuno può asserire con assoluta certezza qual è la tipologia del “genitore perfetto”. E’ comprensibile, perciò, che chi si appresta a diventare genitore per la prima volta provi ansia e si trovi immerso in dubbi e perplessità. Due sono le cose da tener presente per prime quando si cerca di fare chiarezza nell’universo educativo dei figli:
- Ogni bimbo è diverso: ha caratteristiche peculiari che sono frutto di un intreccio multifattoriale (genetica; ambiente; posizione di genitura ecc.) che non possono e non devono essere ignorate.
- I genitori non hanno bisogno di essere perfetti per educare i propri figli.
Partendo da queste due assunzioni possiamo sviluppare una prima riflessione. Qual è il fine dell’educazione di un figlio? Quale traguardo dovrei raggiungere attraverso l’educazione? Queste domande sono solo apparentemente banali e necessitano una riflessione su se stessi come figure educative piuttosto che risposte “di pancia”. Nella nostra società “liquida”, per utilizzare una pregnante immagine di Bauman (2008), la consapevolezza che educare un figlio è qualcosa di complesso e delicato si è molto sviluppata, con i neogenitori che consultano siti internet e social alla febbrile ricerca della “ricetta perfetta” per tirare su figli felici e non traumatizzati. La felicità dei nostri figli sia da bambini che da adolescenti e, in seguito, da adulti, è certamente uno degli scopi principali dell’educazione ma, a ben guardare, non è l’unico. Poiché viviamo in una società civile, regolamentata da leggi, regole di buona convivenza e consuetudini consolidate, risulta necessario che la famiglia, e non soltanto la scuola, si occupi di formare adulti e cittadini consapevoli e responsabili della conduzione della propria esistenza, del rispetto per gli altri e per l’ambiente. Compito precipuo dei genitori è, allora, anche quello di assumersi le responsabilità genitoriali nei confronti della prole fino al raggiungimento della maggiore età. Tra i “compiti” dell’educazione di un figlio si annovera anche la “tutela”: non soltanto del minore, che non è ancora in grado, per mancanza di maturazione ed esperienza, di decidere da solo su questioni importanti, soprattutto se molto piccolo (dieta, orari dei pasti, orario in cui andare a letto ecc.); ma anche “tutela” nei confronti degli altri (rispetto per gli altri e le loro proprietà; rispetto per gli animali; rispetto per l’ambiente; per gli oggetti ecc.), il che significa che la nostra responsabilità genitoriale ci porta a educare responsabilmente i nostri figli. Non è semplice mantenere un buon equilibrio tra i desideri e le inclinazioni dei bambini e le richieste della società in cui viviamo, per queste “fare il genitore” è un compito delicatissimo che necessita di attenzione, pazienza, sensibilità, creatività e ascolto. Da cosa partire? Dalla pazienza, non soltanto verso i nostri figli ma anche verso noi stessi: non è la perfezione (del bambino o nostra come genitori) che dobbiamo cercare, ma un buon equilibrio che sia funzionale. Cerchiamo di ricordarci che:
- I bambini non hanno bisogno soltanto di incoraggiamento e lodi, ma anche di regole e confini, che li aiutano a sentirsi “contenuti” e a orientarsi nei vari ambiti (a scuola, in famiglia, nello sport ecc.)
- I bambini percepiscono il nostro stato d’animo: se siamo arrabbiati o nervosi, è probabile che si irritino anche loro.
- Anche quando sono molto piccoli, i bambini sono in grado di notare il nostro livello di coerenza: non accetteranno di seguire una regola se i genitori per primi mostrano di non seguirla. Il nostro comportamento deve essere coerente con le nostre parole.
- Ascoltiamo i nostri figli e spieghiamo con calma e con un linguaggio adeguato all’età perché stiamo stabilendo una certa regola.
- Adeguiamo le regole in base all’età del bambino: un preadolescente sarà in grado di autoregolarsi maggiormente rispetto a u bambino di quattro o cinque anni.
- Il nostro “no” deve rimanere tale e non trasformarsi in un “sì” quando siamo logorati dalle richieste insistenti, altrimenti perderà di efficacia.
- Le punizioni non sempre funzionano e non con tutti i bambini, tuttavia, il bambino deve essere consapevole che l’infrazione di regole importanti avrà delle conseguenze.
Qualcosa che si sta perdendo attualmente è la nostra consapevolezza del nostro ruolo di genitori: non siamo chiamati a essere i migliori amici dei nostri figli, ma, appunto, siamo chiamati a essere genitori, con tutto ciò che comporta. Tocca a noi favorire uno sviluppo equilibrato del bambino e sorvegliare, con delicatezza ed empatia, il suo comportamento; guidarlo verso l’età adulta e facilitare la sua autonomia.
In caso di difficoltà nella relazione con il proprio figlio in crescita può essere di aiuto consultare un professionista del benessere psicoemotivo.
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