Il figlio sospirato: il peso invisibile dell’infertilità e della fecondazione assistita
Immaginiamo una coppia, insieme da anni, con una vita stabile, progetti condivisi e un sogno comune: diventare genitori, avere dei figli da crescere. Hanno atteso il momento giusto, fatto mille piani, fantasticato sul nome del bambino, sulla cameretta, sulle passeggiate al parco, sulle vacanze, sulla scuola… E poi quel momento giusto arriva… ma il bambino no. Il figlio tanto a lungo immaginato non arriva. Nonostante l’amore, l’impegno, la cura della propria salute
Per molte coppie, la difficoltà a concepire è molto di più di un ostacolo medico: è un evento critico che scava lentamente nell’animo, mette in discussione identità, relazioni e sogni. E, quando entra in gioco la fecondazione assistita, il viaggio emotivo può diventare ancora più complesso.
L’infertilità: più di una diagnosi
L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce l’infertilità come l’incapacità di ottenere una gravidanza dopo 12 mesi di rapporti non protetti, ma dietro questa sterile sebbene precisa definizione si nasconde un mondo interiore fatto di attese, speranze, paure e perplessità che va ben oltre la diagnosi medica. Molte coppie descrivono questa esperienza come quella di una vita sospesa. Ogni ciclo mestruale diventa un piccolo lutto, ogni test negativo una nuova ferita, una sconfitta, un fallimento. Si può provare un forte senso di colpa, vergogna, frustrazione. E a volte ci si può sentire soli, anche se in due.
La fecondazione assistita: un percorso tra speranza e logoramento
La decisione di ricorrere a tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) non è mai semplice, è spesso il frutto di un lungo percorso, fatto di tentativi falliti, consulti medici e riflessioni profonde, individuali e di coppia. Ma anche quando si intraprende questa strada, la fatica non finisce, cambia solo forma. I trattamenti sono spesso fisicamente impegnativi (punture, prelievi, stimolazioni ormonali), emotivamente snervanti e talvolta economicamente gravosi. Il tempo sembra scandito da esami, monitoraggi e attese. E in tutto questo, la pressione cresce, mentre la spontaneità diminuisce. Molte coppie raccontano che il rapporto con il partner finisce per cambiare: il sesso diventa programmato, una rigida routine, mentre il peso del fallimento rischia di incrinare la comunicazione tra i due membri della coppia. Si ha paura di ferire l’altro, di dire o fare la cosa sbagliata. A volte si tace per non aggiungere dolore. E così, pur essendo “insieme”, ci si può sentire profondamente soli.
Identità in crisi e il senso di perdita
Diventare genitori è, per molte persone, un passaggio naturale della vita. Quando questo progetto è ostacolato, può entrare in crisi la stessa idea che abbiamo di noi stessi: “Chi sono, se non posso diventare madre?”, “Sono meno uomo, se non riesco ad avere figli?”
L’infertilità, dicono gli studi, può minare l’autostima e far sentire “diversi” rispetto agli altri, “meno capaci”. Le coppie che affrontano cicli di fecondazione assistita spesso si trovano a gestire un lutto invisibile: la perdita di un futuro immaginato, la delusione per ciò che non arriva, il dolore per ogni speranza disattesa. In alcuni casi, si può parlare persino di “grief gestazionale”, un lutto vero e proprio per qualcosa che non ha mai avuto la possibilità di esistere.
L’importanza di essere ascoltati
Non tutte le coppie vivono questo percorso allo stesso modo. Alcuni fattori possono aumentare il peso psicologico dell’esperienza: la durata dell’infertilità, il numero di trattamenti falliti, l’intensità del desiderio di diventare genitori, la presenza (o assenza) di una rete familiare e sociale di supporto. Anche il contesto culturale gioca un ruolo importante: in alcune culture, l’infertilità è ancora un tabù, soprattutto per la donna, che può sentirsi colpevolizzata o esclusa, con grandi ricadute sul suo benessere psicologico.
Per questo, è fondamentale integrare un supporto psicologico all’interno dei percorsi di fecondazione assistita. Parlare con uno psicologo, confrontarsi con altre coppie, magari in un gruppo di aiuto, essere accolti e non giudicati può fare una grande differenza. E può aiutare non solo ad affrontare meglio il trattamento, ma anche ad accettare, eventualmente, che il progetto di genitorialità prenda forme diverse: adozione, donazione di gameti, affido, o anche il difficile ma possibile cammino dell’accettazione di una vita senza figli.
Avere un sostegno, sentirsi compresi, ridurre lo stress non solo migliora la qualità della vita durante il trattamento, ma aiuta anche a prendere decisioni più consapevoli, a non sentirsi sopraffatti e, se necessario, a fermarsi senza sentirsi sconfitti.
Riferimenti bibliografici e sitografici:
Genovesi, I., & Lemmi, F. (2024). Approccio sistemico-relazionale alla coppia che affronta l’infertilità. Rivista di Psicoterapia Relazionale, (60), 39–58. https://www.francoangeli.it/riviste/articolo/76943
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