Noi e il nostro doppio

… La bellissima principessa Leda e Zeus, il re degli dèi, s’innamorarono e un giorno fecero l’amore sulle sponde di un fiume terso e scintillante. Quella stessa notte, la bella Leda si concesse anche al legittimo marito, Tindaro, re di Sparta. Dai due amplessi la principessa concepì quattro figli, due maschi e due femmine; ma mentre Castore e Clitemnestra erano figli del mortale Tindaro, Pulluce ed Elena erano figli di Zeus, signore dell’Olimpo. I due maschi, Castore e Polluce, chiamati “dioscuri”, furono poi portati a crescere altrove, mentre le due fanciulle rimasero a palazzo. I due gemelli, che avevano padri diversi, crebbero nel reciproco affetto, ma si distinsero per le differenze caratteriali e per i diversi talenti. Guerrieri formidabili, i due gemelli aiutarono molti eroi nelle loro imprese. La morte incolse, infine, Castore durante la lunga faida tra la loro famiglia – quella dei Tindaridi – e la famiglia degli Afaretidi. Pulluce, disperato per la morte del fratello, supplicò il padre divino di togliergli l’immortalità, allora Zeus, commosso, offrì ai due gemelli la possibilità di rimanere insieme per sempre, trascorrendo un giorno nelle regioni celesti e uno agli inferi.

Il mito dei dioscuri (“figli di dio”), vivissimo nell’antica Grecia e poi a Roma – il cui mito fondativo, non a caso, ha come protagonista una coppia di gemelli -, supera le barriere del tempo, attraversa il medioevo cristiano e giunge fino a noi in tutta la sua suggestione che stimola a riflettere sulle “parti” di cui siamo costituiti. Vita e morte; mortalità e immortalità permeano tutto il mito: Castore e Polluce possono essere considerati, allora, come raffigurazione del binomio corpo-anima, elementi diversi che non possono, però, sopravvivere l’uno senza l’altra. Come esseri umani, infatti, noi abbiamo un corpo attraverso cui esperiamo il mondo che ci circonda e una parte immateriale, una mente che coordina e organizza le nostre percezioni. Proviamo emozioni e sentimenti; viviamo stati d’animo che variano nel corso del tempo e che sono radicati nelle sensazioni veicolate dal nostro corpo. 

Siamo “doppi” o un’unità formata da due aspetti speculari? 

Il tema del “doppio”, dello specchio che riflette un’immagine uguale ma in qualche modo diversa, è spesso ricorrente anche nell’arte, nella letteratura e nel cinema, basti pensare alle figure del Dr. Jeckyll e di Mr. Hyde, al personaggio di Dorian Gray incatenato al suo autoritratto, ai gemelli de “Il mistero della camera nera” (1935) con Boris Karloff. Per Freud il nostro “doppio”, il nostro “gemello cattivo” è la parte di noi che non accettiamo, ciò che ci turba e che rimuoviamo, che tendiamo a proiettare all’esterno, sull’altro, come a prendere le distanze da ciò che temiamo, che non ci piace di noi, dei nostri desideri, delle nostre insicurezze e ambiguità.  Quando proviamo rabbia, rancore, gelosia, invidia, odio per qualcuno è difficile accettare questo lato oscuro della nostra personalità, dei nostri sentimenti: attribuirli a qualcun altro (“mi odia”; “mi invidia”; “è geloso/gelosa di me” ecc.) o cercare una giustificazione in un temporaneo scollamento delle nostre parti (“ero fuori di me dalla rabbia”; “non ci ho visto più”; “ho perso la testa” ecc.) è una comune strategia di difesa dalla valanga emotiva che ha sconvolto il nostro abituale equilibrio. Imparare ad accettare quei lati di noi che non ci soddisfano o di cui proviamo vergogna può rivelarsi un processo lungo e doloroso. Su un altro piano, il nostro “doppio/rivale” può essere rappresentato da nostro fratello/sorella, con cui intratteniamo una stretta relazione affettiva fatta di complicità ma anche di competizione; in questo caso può essere una sfida riuscire a distinguersi come persona autonoma, unica e irripetibile all’interno della coppia fraterna. 

Talvolta il nostro “doppio speculare” può essere rappresentato dal nostro partner, con il quale abbiamo instaurato una relazione simbiotica di fusione, in cui vengono sfumate fino a perdersi le caratteristiche distintive di entrambi.

Corpo-mente; lati positivi – lati negativi; emozioni accolte – emozioni negate: soltanto il superamento di un dualismo che separa e lacera può condurci verso un equilibrio più flessibile e verso una reale accettazione di sé che è il fondamento per una crescita personale consapevole.

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