La prepotenza nei bambini

Il parco pullula di bambini di tutte le età, maschi e femmine. Alcuni pedalano spensierati in bicicletta, altri si rincorrono ridendo, altri ancora giocano a due a due oppure in gruppetti, utilizzando quel che hanno a disposizione per inventare storie con cui divertirsi per ore… ci, sono, però, anche dei  bambini che non sembrano saper attirare le simpatie dei loro coetanei: strappano di mano ai compagni giocattoli e oggetti, impartiscono ordini senza dire “per favore”, manifestano un comportamento intimidatorio che finisce per allontanare i potenziali compagni di gioco, impauriti da un atteggiamento aggressivo…

L’aggressività è una tendenza naturale dell’essere umano che viene considerata in tutte le culture, sebbene in modo diverso, qualcosa da imparare a tenere sotto controllo fin dall’infanzia, poiché potenzialmente distruttiva. Nella società occidentale viene considerato basilare da parte di genitori e insegnanti insegnare ai bambini a controllare il proprio comportamento aggressivo (Shaffer, 1998). L’aggressività si può manifestare sia in forma fisica che in forma verbale, con un andamento nello sviluppo che vede diminuire la prima e aumentare la seconda; inoltre, seguendo Shaffer (1998), essa si può suddividere in:

  1. Aggressività ostile, per la quale ciò che conta è danneggiare qualcuno, dove l’azione di danneggiamento è fine a sé stessa;
  2. Aggressività strumentale, dove le azioni di danneggiamento messe in atto non sono fini a sé stesse, ma hanno l’obiettivo di raggiungere uno scopo (per esempio, ottenere un giocattolo).

Come dimostrato dallo studio di Hay & Ross del 1982 (cit. in Shaffer, 1998), i bambini, già fin da piccolissimi mostrano una grande varianza interindividuale nei livelli di aggressività. Comportamenti aggressivi precoci, invece, secondo lo studio longitudinale condotto da Eron del 1987 (cit. in Shaffer, 1998), abbinati ad alti livelli di aggressività sembrano essere predittivi di un futuro comportamento antisociale dell’individuo, portando prove a favore della persistenza dell’aggressività nel tempo.

L’aggressività infantile può trasformarsi in prepotenza, che si può suddividere, seguendo Olweus (1993) in:

  1. Diretta: comprendente comportamenti aggressivi di tipo fisico nei confronti dei pari;
  2. Indiretta: comprendente azioni come diffondere notizie non vere e maligne nei confronti di un certo individuo.

Sebbene la forma diretta tenda a diminuire con l’età sia nei maschi che nelle femmine, quest’ultime di solito utilizzano la forma indiretta anche ad età più precoci. Il bambino prepotente utilizza strategie fisiche o verbali per ottenere un certo dominio sui pari, mostra scarse doti empatiche e poco rispetto per le norme e le regole sia in ambito familiare che scolastico. Se il comportamento aggressivo attuato intenzionalmente viene reiterato in maniera costante, si può parlare di bullismo.

Alcune caratteristiche dello stile educativo genitoriale possono influenzare i livelli di aggressività manifestati dai figli? Secondo Olweus (1980), sì:

  1. La permissività dello stile educativo dei genitori può far erroneamente credere al bambino di avere la loro approvazione anche quando si comporta in maniera manifestamente aggressiva.
  2. La punitività dello stile educativo genitoriale può far aumentare i livelli di aggressività nei figli “quando la punizione fisica è frequente, gratuita e incoerente…” (Shaffer, 1998, p. 333).
  3. Il rinforzo dell’aggressività: se i genitori si mostrano orgogliosi dei comportamenti aggressivi attuati dai propri figli nei confronti dei coetanei non fanno altro che incoraggiare questo tipo di azioni, favorendone la reiterazione nel tempo.
  4. L’esempio dei genitori: se i genitori sono essi stessi aggressivi, è molto probabile che i figli apprendano questi pattern di comportamento anche soltanto per osservazione, finendo per esserne fortemente influenzati.

E’, dunque, importante che famiglia e scuola lavorino sinergicamente per scongiurare il diffondersi di fenomeni, quali il bullismo e il cyberbullismo, che nascono da un’aggressività troppo elevata e non elaborata e ridiretta. Interventi che favoriscono l’aumento di comportamenti prosociali già nell’infanzia, insegnando ai bambini strategie di problem solving basate sulle doti empatiche e sull’elaborazione degli impulsi ostili possono contrastare l’utilizzo di strategie disfunzionali e aggressive, migliorando sensibilmente il clima familiare e nel gruppo classe.

Riferimenti bibliografici:

Olweus, D. (1980). Familial and temperamental determinants of aggressive behavior in adolescent boys.: A causal analysis. Developmental Psychology, 16, 644-666.

Olweus, D. (1993). Bullismo a scuola. Ragazzi oppressi, ragazzi che opprimono. Trad. it. Giunti, Firenze, 1996.

Shaffer, H.R. (1996). Lo sviluppo sociale. Trad. it. Raffaello Cortina Editore, Milano, 1998.

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