I disturbi affettivi della memoria

Tutto è sfocato e confuso. Immagini, parole, suoni, colori. Tutto sfuma in una nebbia grigiastra dove non ci sono confini, dove non si vede nulla. La testa sembra piena di ovatta e concentrarsi è impossibile. Gli oggetti… il mondo… tutto è scolorito e senza significato. Che giorno è? Che ora è? Era estate un momento fa e adesso? I ricordi sembrano essersi frantumati e sciolti in pozzanghere che la nebbia nasconde… ogni tanto, con grande fatica, la ragazza riesce a recuperarne un pezzetto che brilla solitario nell’oceano grigio, ma non riesce a dargli un senso. Dov’è finito tutto?

Spesso, quando riflettiamo sulla memoria, pensiamo a una sorta di macchina fotografica o di registratore in grado di fermare gli eventi e gli episodi della nostra vita con la stessa accuratezza di uno scatto fotografico o di una registrazione. Quando consapevolmente recuperiamo un episodio saliente, un aneddoto divertente della nostra biografia, siamo quasi sempre in grado di raccontarlo a un ascoltatore interessato con grande scioltezza e dovizia di particolari, riportando per esteso stralci di dialoghi e battute, descrivendo sapientemente persone e cose. Anche le parole, racconto dopo racconto, si cristallizzano e finiscono per essere le stesse, come in un copione cinematografico. Questo significa che davvero la nostra memoria può essere di una precisione assoluta? In realtà, la memoria è ricostruttiva e grandemente influenzata da vari fattori, tra cui eventuali danni cerebrali subiti (a causa di malattie o traumi), l’importanza che l’informazione da acquisire riveste per il soggetto, l’età della persona, il lasso di tempo trascorso tra la codifica dell’informazione e il suo recupero e lo stato affettivo dell’individuo che deve ricordare (Sims, 2009), cioè l’umore della persona. L’oblio parziale o totale di alcune informazioni, anche rilevanti, quindi, non avviene soltanto a causa di errori in fase di codifica, di immagazzinamento e di recupero; questo fenomeno viene chiamato dimenticanza selettiva (Sims, 2009). In generale, per quanto riguarda eventi traumatici, molto dolorosi o particolarmente umilianti per l’individuo che li ha vissuti, avviene una forma di falsificazione (Sims, 2009), per cui il soggetto può distorcere alcuni particolari dell’episodio in questione, ricordandolo in maniera alterata o dimenticandone alcune parti. Diverso è, invece, il caso del paziente ossessivo o con tendenze paranoiche, che, al contrario, ricorderà in maniera dolorosamente precisa e acuta tutti quegli episodi che gli hanno provocato uno schiacciamento dell’autostima (Sims, 2009) a causa del continuo rimuginare sul ricordo, che, riattivandolo continuamente, lo mantiene vivido e stabile. Di fatto, per usare le parole di Sims (2009, p. 92): “Noi ricordiamo le esperienze piacevoli più facilmente di quelle spiacevoli, e quelle spiacevoli più facilmente di quelle emotivamente neutre”. La colorazione affettiva è, dunque, molto importante per la qualità dei nostri ricordi, esattamente come lo sono la nostra motivazione e l’attenzione che prestiamo all’evento che dovrà in seguito essere ricordato. Nei casi di severa depressione può, invece, verificarsi un fenomeno chiamato paramnesia (Sims, 2009), per cui l’individuo altera profondamente gli eventi della propria autobiografia nel racconto che ne fa agli altri, non perché il ricordo dell’evento in sé non sia preciso, ma perché l’interpretazione che viene fornita degli episodi di vita è distorta dalla patologia depressiva (per esempio, il paziente può asserire che la propria auto in realtà non è sua perché il libretto di circolazione è falso). La pseudologia fantastica è, invece, come già si evince dall’espressione, uno pseudo discorso, una sequela di bugie “plausibili e disinvolte”, ma anche “grandiose ed esagerate”, come le definisce Sims (2009), solitamente proferite da chi soffre del disturbo istrionico della personalità. Alcuni fenomeni, come il dejà vu (la sensazione di aver già vissuto un’esperienza che in realtà stiamo facendo per la prima volta) e il suo contrario, il jamais vu (non provare un senso di familiarità rispetto ad un evento che si è certi di aver vissuto), sono invece frequentemente riscontrabili anche nella popolazione sana e possono capitare a chiunque. La memoria episodica (autobiografica) a lungo termine è allora fragile e poco affidabile? In realtà, nei soggetti sani, la memoria episodica è piuttosto stabile nel tempo: più l’informazione è elaborata in maniera significativa (tramite associazioni e collegamenti ad altri ricordi e conoscenze) e più la traccia mnestica sarà profonda. Con l’avanzare dell’età si assiste a un certo deterioramento della memoria episodica più recente, ma gli episodi autobiografici del passato si mantengono stabili, inoltre, esistono strategie compensative per mantenere una buona qualità di memoria nella vita quotidiana.

I nostri ricordi sono il filo conduttore della nostra identità e riannodare le narrazioni autobiografiche interrotte o ripristinare narrazioni coerenti e significative della propria storia e di quella della propria famiglia è ciò che può favorire un percorso psicoterapico sistemico-familiare. Trovare la giusta collocazione agli eventi più salienti della propria vita è fondamentale per una miglior qualità della vita e un più elevato livello di benessere psicologico.

Riferimento bibliografico:

Sims., A. (2009). Introduzione alla psicologia descrittiva. Milano: Raffello Cortina Editore (edizione aggiornata da Femi Oyebode).

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