L’esperienza lavorativa in adolescenza

Il ragazzo ha preso la sua decisione ormai da tempo: almeno per il momento, non s’iscriverà all’Università, ma si cercherà un’occupazione. Sente di aver bisogno di una pausa dallo studio dopo i lunghi anni delle superiori, desidera fare un’esperienza diversa e stimolante. Inoltre, vuole guadagnarsi i suoi soldi: è stanco di dover sempre chiedere in famiglia e dover giustificare le sue richieste. Ora poi che ha conseguito la patente per guidare l’auto, i soldi sono davvero una necessità. Ma che tipo di lavoro potrà fare? Non ha nessuna esperienza, se non quella degli stage offerti dalla sua scuola, eppure si sente ottimista: se cercherà con determinazione qualcosa salterà fuori… del resto, da qualche parte bisogna pur cominciare!

Molti ragazzi, arrivati al termine delle scuole superiori, desiderano cimentarsi in una prima esperienza lavorativa che li metta alla prova e li renda, almeno parzialmente, economicamente indipendenti dalla famiglia. È però soltanto nel secondo dopoguerra del Novecento che viene a crearsi la consapevolezza di uno scarto tra quelli che sono gli strumenti forniti dalle scuole dei vari indirizzi ai loro studenti e ciò che invece è richiesto concretamente dal mondo del lavoro, rendendo, di fatto, complicato (e spesso deludente) l’inserimento occupazionale dei giovani (Palmonari, 1997). Le esperienze lavorative in adolescenza possono, infatti, essere molto diverse tra loro a seconda che il giovane lavoratore trovi un’occupazione che gli permette di mettere in pratica ciò che ha imparato negli anni di scuola e che, quindi, gli permette di ricavare soddisfazione dalla sua esperienza, oppure che trovi un lavoro poco qualificato, che rende l’esperienza scarsamente significativa e magari frustrante. L’ingresso nel mondo del lavoro può anche essere visto come una “tappa transizionale” (Palmonari, 1997) significativa nella vita di un adolescente. E’, infatti, affrontando la sua prima esperienza lavorativa che il giovane scopre quanto realistiche siano le aspettative e le rappresentazioni mentali che si è costruito negli anni scolastici rispetto al mondo occupazionale, in particolare, rispetto al lavoro che vorrebbe svolgere. Fattori come i valori e le aspettative sul mondo del lavoro della famiglia di provenienza influenzano significativamente quelli dell’adolescente che si appresta ad iniziare la sua prima esperienza lavorativa. 

Secondo Marie Jahoda, psicologa sociale (come riportato da Palmonari, 1997), il lavoro espleta alcune funzioni psicologiche:

  1. Struttura il tempo giornaliero. Gli impegni quotidiani, gli appuntamenti e gli svaghi di un individuo vengono scadenzati in base all’orario lavorativo e alla sua distribuzione lungo tutta la giornata e nel corso della settimana.
  2. Offre esperienze significative di interazione sociale che esulano dal contesto familiare. A lavoro si condividono regole e norme comuni che nascono dallo scambio quotidiano di opinioni, idee, differenti stili di vita e diversi punti di vista sul mondo e che si cristallizzano, tanto da essere poi trasmesse ai futuri lavoratori dell’organizzazione.
  3. Promuove la self-efficacy dell’individuo. Il lavoro offre all’individuo la possibilità di agire concretamente nell’ambiente in cui lavora.
  4. Connette mete individuali e scopi sociali. Il lavoro promuove non soltanto l’auto-efficacia personale, ma anche l’ ”utilità sociale” collettiva, perché il soggetto partecipa a “scopi sovraindividuali” proprio producendo servizi o beni per tutta la comunità.
  5. Contribuisce a definire alcuni aspetti dello status sociale e dell’identità individuale. Una buona esperienza lavorativa porterà all’individuo soddisfazione personale per i risultati ottenuti e “può rappresentare un punto di riferimento per riconoscersi, per arricchire o confermare il proprio modo di concepire se stessi…” (Palmonari, 1997, p. 297).

I benefici che può apportare una soddisfacente esperienza lavorativa all’adolescente sono molti: si va dall’aumento della fiducia in sé allo sviluppo della propria autonomia personale, passando per l’affinamento delle proprie competenze sociali in rapporto al mondo degli adulti e alle diverse generazioni e per l’apprendimento di nuove abilità. Tuttavia, bisogna sottolineare nuovamente come non tutte le esperienze lavorative siano soddisfacenti e positive per tutti gli adolescenti che si affacciano al mondo del lavoro. L’ambiente culturale, la famiglia d’origine con i suoi valori e le sue credenze, il tipo di scuola frequentato e le aspettative dell’individuo, che possono essere più o meno realistiche, possono fare la differenza riguardo al tipo di occupazione ricercata ed eventualmente trovata, finendo per influenzare significativamente l’esperienza vissuta. 

Al termine delle scuole superiori o comunque quando si avverte la necessità di un cambiamento sia in campo scolastico-accademico che professionale è opportuno valutare di intraprendere un percorso di orientamento agli studi o lavorativo con un professionista in grado di supportare l’individuo in un momento delicato e miliare della propria storia e di facilitare scelte ponderate ma il più possibile vicine alle inclinazioni e ai desideri dell’individuo.

Riferimento bibliografico:

Palmonari, A. (a cura di).(1997). Psicologia dell’adolescenza. Bologna: Il Mulino.

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